El Sueño
Traumdeutung | Inventario

Per la nascita, il sogno di un padre

Gian Francesco Arzente

E’ nell’ottobre del 1969 che Jacques Lacan indirizza Due note sul bambino[1]alla psicoanalista francese Jenny Aubry.

Una lettera, una volta scritta, produce degli effetti anche se non viene letta.

Leggo ora questa lettera, 50 anni dopo la sua spedizione, ovvero due mesi dopo l’atterraggio dell’uomo sulla luna avveuto due mesi prima della mia nascita, nella mia famiglia.

Una famiglia, ovvero un’istituzione la cui funzione primaria è quella di una trasmissione di un desiderio che si auspica non sia anonimo: “La funzione di residuo che la famiglia coniugale nell’evoluzione della società sostiene (e nello stesso tempo mantiene), mette in valore l’irriducibile di una trasmissione – che è di un altro ordine di quella della vita secondo la soddisfazione dei bisogni – ma che è di una costruzione soggettiva, che implica la relazione a un desiderio che non sia anonimo. E’ secondo una tale necessità che si valutano le funzioni della madre e del padre. Della madre: per il fatto che le sue cure portano l’impronta di un interesse particolarizzato, fosse solo tramite le proprie mancanze. Del padre: per il fatto che il suo nome è il vettore di una incarnazione della Legge del desiderio”.[2]

Mio padre il giorno dopo la mia nascita aveva ripreso con la sua telecamera il momento in cui mia madre piange tenendomi in grenbo seduta nel letto dell’ospedale.

Quest’immagine si era scritta in me in modo indelebile. Rivedendola alcuni anni dopo inizai a leggervi la mia verità, che ritornava secondo le modalità del sintomo, dell’inibizione e dell’angoscia.

Il sintomo predominante dell’essere ripreso (sgridato, ricucito) trovava la sua rappresentazione in sogni e situazioni che sviluppano la rappresentazione fantasmatica di un bambino trattenuto nel grembo di una madre in lacrime in-attesa dell’intervento di un padre dell’abbondomo, che poi acconsente di riprendere il figlio colpevole d’aver fatto piangere la madre.

È già questa l’epoca (1969), per Lacan, così come poi arriverà a dimostrare nel Seminario su Joyce[3], che il padre non ha nome proprio, ma ha tanti nomi come supporti per la sua funzione di annodamento dei tre registri; tanti nomi come gli S1 che vengono a sostenere la sua funzione. Questo padre che non ha nome proprio può avere la funzione fondamentale di nominazione, ovvero di far entrare il simbolico nel reale per mezzo della sua pére-version.

Mio padre, professore di tecnologia, trova il modo di nominare il godimento per il tramite di una telecamera: in preda all’abbraccio piangente di una madre di nome Gina, gina-presa, la telecamera di un padre non può riprendere tutto l’indicibile di quel godimento. Questa nominazione fallisce e lasciando un resto produce il ritorno di quell’indicibile singolarità del godimento. Questi ritorini del reale in cerca di una rappresentazione, presentandosi sotto la modalità del sogno durante la mia analisi, hanno potuto condurmi ad un atto di nominazione, vettore di un nuovo desiderio.

NOTES

  1. Jacques Lacan, Due note sul bambino (1969),La Psicoanalisi n.1, Astrolabio, Roma, 1987.
  2. Ivi, p. 23.
  3. Jacques Lacan, Il seminario, Libro XXIII, Il Sinthomo (1975-1976), Astrolabio, Roma, 2006.