Il Sogno
Il Congresso

L’essere è il desiderio *

Jacques-Alain Miller

La metafisica dell’azione analitica
Dal riconoscimento alla causa del desiderio
Il godimento, causa della realtà psichica.

Jacques-Alain Miller

Sono stato formato dall’insegnamento di Lacan a concepire il soggetto come mancanza-a-essere, non sostanziale, cosa che ha un’incidenzaradicale nella pratica analitica. Nell’ultimo insegnamento diLacan svanisce il fatto che si punti al soggetto come mancanza-a-essere.

Nell’ultimo insegnamento del resto queste indicazioni sono sempre più frammentarie, enigmatiche e richiedono che vi si mettamolto del proprio. Al posto di questa categoria ontologica (ontologica poiché è questione di essere), viene la categoria del buco. Categoria che non è senza rapporto con la mancanza-a-essere, ma tuttavia è di un altro registro rispetto a quello ontologico. Sono così costretto a pensare il rapporto, la filiazione, e tuttavia ladifferenza, tra la mancanza-a-essere e il buco tramite il quale Lacan voleva, nel suo ultimo insegnamento, definire il simbolico stesso. Il ricorso al nodo non ha fatto che rendere questa categoria tanto piùinsistente, poiché ciascuno dei cerchi di spago di cui Lacan si impadronivapuò essere filato attorno a un buco. La rinuncia all’ontologia l’ha condotto dalla mancanza-a-essere al buco. Cosa che deve essere ancora ponderata.

La mia prima pratica si è regolata sul desiderio, inteso come ciò che si tratta di interpretare, senza comunque misconoscere che è nellostesso tempo farlo essere. In questo l’interpretazione è creazionista.

Essa istituisce una certa potenza della parola, che bisogna senza dubbio apprendere ad acquisire, come del resto si insegna nei controlli, come noi chiamiamo le supervisioni, anche se Lacan avrebbe preferito chiamarle superaudizioni.

L’essenziale in questo insegnamento non è l’arte della diagnosi, anche se sovente si concentra lì la preoccupazione del principianteche vuole sapere con quale tipo di soggetto egli abbia a che fare. Al principiante si tenta di trasmettere il metodo che permetta alla sua parola di acquisire potenza. Metodo che si riassume in questo asserto: bisogna imparare a tacere. La parola produce e trattiene l’attenzionedel soggetto solo a condizione di essere rara, perfino quando lo conduce a lato delle formazioni dell’inconscio. Come dice Lacan nella Prefazione all’edizione inglese del Seminario XI, suo ultimo testo pubblicato negli Altri scritti, a pagina 562: “Ma basta prestarviattenzione che se ne esce [dall’inconscio]”. È tuttavia ciò che si cercadi ottenere con l’interpretazione. C’è un termine che non potete vantarvi di far essere, il godimento. là voi dovete desistere da ogni intenzione creazionista, farvi umili e modesti.

 

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Interpretare: qui la parola viene meno e bisognerà sostituirla con un’altra, per esempio con ‘cingere’, ‘constatare’. Non sono soddisfatto di questo vocabolario e vorrei giungere a dire meglio ciò di cui sitratta per l’analista per quanto riguarda ciò che oltrepassa l’ontologia.

“[…] anch’io ho la mia ontologia”, dice Lacan e aggiunge “– perché no? – come tutti ne hanno una, ingenua o elaborata”. Cito qui il Seminario XI, I quattro concetto fondamentali della psicoanalisi,p. 72. L’insegnamento di Lacan si tiene al livello dell’ontologia e quando vi ha rinunciato abbiamo perso la bussola! È per questo motivoche intendo rimanere su questo punto prima di cercare di andare oltre.

Lacan ha inscritto la sua ontologia nel tentativo di Freud di dare corpo alla realtà psichica senza però sostantivarla. Non sostantivare larealtà psichica vuol dire per l’esattezza non psicologizzarla. Nessunodegli schemi proposti da Freud per articolare la realtà psichica devedare luogo a una differenziazione di apparato, compreso lo schema a uovo della sua seconda topica. L’idea che non si tratti di sostanza,cioè di apparato differenziato nell’organismo, ci conduce a rifiutare itentativi di consolidare la teoria freudiana su un’investigazione delfunzionamento del cervello. non mancano oggi ricercatori che cercano di validare le intuizioni di Freud, cercando di individuare, grazie all’imaging alla quale dà loro accesso la tecnologia sviluppata negli ultimidecenni, le istanze che egli ha potuto distinguere. si tratta di un tentativo di dare corpo alla realtà psichica sostantificandola.Nel suo primo insegnamento, Lacan ha tentato, al contrario, di elaborare un essere senza sostanza. Cosa voglio intendere con questa espressione? Designo un essere che non postula alcuna esistenza. Siccome non è sicuro che il termine ‘esistenza’ sia più chiaro di ‘sostanza’,precisiamo che si tratta di un essere senza reale, quello di un soggetto che si inscrive solo differenziandosi, solo ponendosi a livello del senso. Ecco il livello in cui si mantiene l’ontologia di Lacan,che è un’ontologia semantica.

Lacan è andato ad attingere in Freud di che sostenere il termine ‘essere’. ha dovuto esaminare l’opera di Freud, poco prodiga di untale riferimento, per trovarlo nella Traumdeutung al capitolo 7(quando Freud tratta, nella parte indicata con la lettera E, del processo primario, del processo secondario e della rimozione) sotto la forma dell’espressione Kern unseres Wesen, “il nucleo del nostro essere”.Lacan si è impadronito di questo hapax (a mia conoscenzaquesta espressione non è stata usata che una sola volta da Freud) perdire che l’azione dell’analista va al cuore dell’essere e che, a questo titolo, lui stesso è implicato. Rifacciamoci a questo passaggio di Freud che, in francese, troverete a pagina 31 dell’ultima traduzione della Traumdeutung di Jean-PierreLefebvre, che io trovo assolutamente raccomandabile. Per essere precisi, dove questa espressione si inscrive? Essa si inscrive nella differenza tra i due processi psichici distinti da Freud, primario e secondario. Egli riconosce il carattere fittizio della sua costruzione indicando che non esiste un apparato psichico che possiederebbe solo il processo primario. Questo carattere di finzione non impedisce di pensare che dei processi primari (si passa al plurale) si sviluppino in seguito. È l’idea di un orientamento temporale: c’è all’inizio e c’è in seguito. Tra i due, risiede una lacuna, uno scarto. I processi secondari inibiscono, correggono, dominano i processi primari. Manteniamo l’idea che ci sia del primario e che in seguito venga a impiantarsi unapparato che opera su di lui. Questo spiega il fatto che l’inconscionon è un libro aperto.Freud introduce qui l’espressione “il nucleo del nostro essere” situandoloa livello primario, prima che intervenga un apparato, o una configurazione, suscettibile di trattenerli, questi processi, di deviarli, di orientarli. Secondo Freud, questo nucleo è da situare a livello primario nel senso in cui sarebbe costituito di movimenti desideranti inconsci di cui preciserà che provengono dall’infantile. possiamo situareun’ontologia freudiana in questi termini: il nucleo del nostro essereè dell’ordine del desiderio, di un desiderio impossibile da afferraree da trattenere a dispetto del secondario. La realtà psichica è dunquecostretta a piegarsi al desiderio inconscio. Abbiamo qui come una padronanza impossibile che Lacan riporteràfino ai suoi quattro discorsi, in cui inscriverà il significante-padronecome impotente a dominare il sapere inconscio. Padronanza impossibile: al processo secondario è solo permesso di far deviare ilprocesso primario verso ciò che Freud chiama delle mete più elevate,che designerà più tardi con il termine ‘sublimazione’. Sottolineosolo questo punto: per Freud il nucleo del nostro essere è a livellodel desiderio inconscio, e questo desiderio non può mai essere padroneggiato o annullato, ma solamente diretto. presentando la sua pratica sotto il titolo La direzione della cura, Lacan aveva di miraproprio questo aspetto. Il primo insegnamento di Lacan (quello che ha segnato le menti con Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi) culminasul desiderio che costituisce l’essere del soggetto. Siccome cerco per l’appunto di scuotere questa ontologia lacaniana (Lacan stesso è stato obbligato a oltrepassarla) da queste considerazioni andrò finoa estrarre una definizione ontologica. Questa: l’essere è il desiderio.È proprio per questo che sottolineando l’espressione di Freud, “ilnucleo del nostro essere”, Lacan può dire, come in inciso, che non cisi inquieti “al pensiero che io mi offro qui ancora a degli avversarisempre felici di rinviarmi alla mia metafisica”.

 

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Questi avversari, Lacan li sfida pavoneggiandosi con la sua metafisica. Io ritrovo la stessa espressione, la quale mostra che egli la assume, nel discorso con il quale presentava il suo Rapporto di Roma.Egli evocava allora l’analista principiante: “che la sua analisi personale [usava questa espressione] non gli renda più facile che a chiunque di fare la metafisica della sua propria azione […]”. Bisogna intenderelà l’enunciato della sua ambizione, vale a dire la metafisicadell’azione analitica, ossia assegnare l’essere su cui verte questa azione.

Dirò anche che il termine di azione implica qui quello di causa. A partire da ciò che faccio come analista, come posso essere causa di una trasformazione che tocchi il nucleo dell’essere?Avvertiva immediatamente che astenersi dal fare la metafisica dell’azione analitica sarebbe scabroso perché ciò significherebbe farlamalgrado tutto, sia pure senza saperlo. Questo evoca l’argomentosecondo il quale bisogna filosofare perché non bisogna filosofare, bisognaancora filosofare per mostrare che non bisogna filosofare. Ècosì che all’inizio stesso del suo insegnamento Lacan riteneva chenon si può non fare la metafisica della psicoanalisi.Come intenderlo? Qual è l’essere su cui si pretende di agire attraverso la psicoanalisi? È nella vena di questa interrogazione che si incontra la funzione della parola, medium della psicoanalisi. l’intensitàcon la quale Lacan ha promosso la funzione della parola e il campo del linguaggio poggia, per lui, sul fatto che questa assegnazione linguistica è inscritta nel quadro della metafisica della psicoanalisi. Si è voluto ridurla a uno sfruttamento della linguistica, mentre laquestione che animava Lacan era metafisica: qual è l’essere sul qualequesta operazione pretende di agire?

È allora che egli applica un assioma secondo il quale non può esserci azione di un termine su un altro, se non sono omogenei. Deve esserci omogeneità tra l’azione dell’analista e l’essere al quale essa siapplica, la loro realtà è dello stesso ordine ontologico.Qual è questa azione? Lacan la centra, anzi la riduce, all’interpretazione,ossia al dare un altro senso a ciò che è detto. se si isola l’interpretazionecome il nucleo dell’azione analitica, bisogna considerareche essa opera nell’ordine del senso. la metafisica analitica comportadunque che l’essere appartiene al senso. Detto altrimenti, la psicoanalisi implica un’ontologia semantica. Ciò che Lacan chiama ilsoggetto è precisamente il correlato dell’interpretazione, un soggettoche non ha essere che tramite essa, un essere variabile in funzione del senso. non c’è niente quindi che sia dell’ordine della sostanza, niente che abbia la sua permanenza.

L’ordine del senso, come pensarlo, se non distinto dall’ordine del reale? parlerò in termini di intuizione, com’è formulato negli Altriscritti a pagina 136: “[…] si dovrebbe mettere con forza l’accentosulla distanza che essa [l’interpretazione] presuppone tra il reale e il senso che gli viene conferito”. Questa distanza è quella che risiede tra due ordini, l’ordine del reale e quello del senso, e che Lacan non1cesserà di commentare. per utilizzare un termine di de Saussure, c’èlà una maniera di arbitrario in cui Lacan vorrà talvolta vedere una libertàdel soggetto. in ogni caso il reale non decide del senso né ilsenso del reale, poiché queste due dimensioni non comunicano traloro. Se Cartesio distingueva l’anima e il corpo, e stabiliva la lorounione, Lacan separa il reale e il senso, senza mai unirli.

Dal momento che il perno dell’azione analitica è la donazione di senso, essa necessita innanzitutto di essere attenti alle modalità semanticheattraverso le quali l’analizzante vi comunica ciò che vive.L’interpretazione fornisce anche senso, ma per permettere una venutaall’essere, di far essere ciò che non era, di cui si può inferire che çavuole essere anche se il soggetto non se lo confessa. l’analista sarebbein qualche modo l’ostetrico dell’essere incompiuto! Lacan ritrovavaqui i poteri poetici e creazionisti della parola che sono in contrasto con il suo valore realistico. Lacan evocava immediatamente l’essere preso nell’ingranaggio delleleggi del blablabla, che in seguito ha compitato con lo schematismo della metafora e della metonimia, arborescenza del suo grafo del desiderio, eccetera. Ma la dottrina dell’inconscio soggiacente ne fa unfenomeno di senso. nel suo discorso iniziale, Lacan impiega il termine ‘fenomeno’ a proposito dell’inconscio. io aggiungo ‘semantico’.

Ho passato molto tempo ad articolare e disarticolare le costruzioni di Lacan che riguardano gli ingranaggi linguistici, ma qui ho di mira il livello più elementare di ciò che, nella pratica, li sostiene: l’inconscio,come il soggetto, deve farsi a essere. Certo, si tratta di un’intuizionemolto ristretta, ma che è di natura tale da sostenere l’esperienza analitica nella sua successione, nella sequenza materiale delle sedute. Il desiderio freudiano, che qualifica il nucleo del nostro essere, assume così una portata ontologica.

Che cosa può conferire l’essere al desiderio di essere? La prima risposta di Lacan è il riconoscimento. Il desiderio come desiderio diessere è un desiderio di riconoscimento, in quanto solo il riconoscimentopuò conferirgli dell’essere. Il riconoscimento significa che è ratificato da colui a cui si indirizza e che lo interpreta. Questo riconoscimento (termine ereditato da Hegel) è la soddisfazione del desiderio.in questo senso, ottenuto il riconoscimento, l’analisi può terminarenella soddisfazione del riconoscimento. Lacan dirà anche,ben più tardi nel suo ultimo scritto pubblicato, che la fine dell’analisi è un affare di soddisfazione, ma molto distante da quella che iosottolineo qui.

 

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Nel primo insegnamento di Lacan si produce già un superamento verso un al di là del riconoscimento reperibile nella Direzione della cura. lo fa nel momento in cui distingue il desiderio e la domanda. Egli si accorge che il riconoscimento è ciò che il desiderio domanda, ma siccome il desiderio va anche al di là della domanda, nessuna soddisfazione di questa, foss’anche quella del riconoscimento, è suscettibile di soddisfare il desiderio. Si produce allora uno spostamento che va dal riconoscimento del desidero alla sua causa. Il termine ‘causa’ si sostituisce a ‘riconoscimento’. È il momento in cui Lacan non si soddisfa più di definire ilnucleo del nostro essere tramite il desiderio inconscio, in senso contrario a ciò che aveva pescato in uno dei primi grandi scritti di Freud, la Traumdeutung. Si tratta di uno spostamento, propriamente parlando, ontologico.

Questo spostamento ha luogo quando diviene chiaro che il desiderio non è l’ultima ratio dell’essere, ma un effetto di significantepreso nella connessione del significante al significante, lungo i binari della metonimia. Il testo L’istanza della lettera, con la sua definizionedel desiderio, rende evidente l’inesattezza di ridurre il desiderio alla dialettica del riconoscimento. la costruzione della metonimia inscrive il desiderio a livello della significazione, con il suo valore di rinvio, che Lacan trascrive con la formula s (-) s, in cui tra significante e significato non c’è emergenza di un nuovo senso. Il significato è trattenuto, come indica il segno meno tra parentesi. Questo effetto metonimico è da distinguere dall’effetto di metafora che si inscrivenello stesso modo ma con un più che implica l’emergenza di un sensos (+) s. nell’effetto metonimico lacan ritrova la mancanza-a-esserecon la quale aveva definito il desiderio. Ma qui si tratta di un desiderio incompatibile con la parola, perché esso corre sotto i detti, e che nessun riconoscimento può spegnere. È un desiderio che non sipuò interrompere confessandosi, è uno spettro della parola.passando dal riconoscimento alla causa, Lacan sposta anche il punto di applicazione della pratica analitica dal desiderio al godimento. il primo insegnamento poggiava sul desiderio di essere, e prescrive un certo regime dell’interpretazione, quella del riconoscimento.È quella che riconosce e rivela il desiderio sottointeso: ognivolta che ci si adopera a decifrare un sogno, si pratica l’interpretazionedi riconoscimento. Ma c’è un altro regime dell’interpretazione:qui l’interpretazione non verte sul desiderio ma sulla causa del desiderio.In questo regime l’interpretazione tratta il desiderio come unadifesa, la mancanza-a-essere come una difesa contro ciò che esiste.Ciò che esiste, al contrario del desiderio che è mancanza-a-essere,Freud l’ha affrontato tramite le pulsioni, e Lacan l’ha chiamato godimento.Freud ha attribuito alle pulsioni un’esistenza problematicadicendole ‘mitiche’, termine tradotto abusivamente con ‘irreale’, mache Lacan smentisce interpretando Freud. Dire che le pulsioni sono mitiche è piuttosto considerare che esse sono un mito del reale. C’èdel reale sotto il mito, e questo reale è il godimento.Di questa frattura Lacan ha dato la formula seguente: il desiderio viene dall’Altro, il godimento è dal lato della Cosa. il desiderio dipendedal linguaggio e fa appello all’Altro. La Cosa non è la veritàfreudiana chiacchierona, ma il reale a cui si dà senso. Al di là del suoprimo insegnamento, Lacan è giunto a questo: il primo reale su cui siesercita la donazione di senso è il godimento. Questo versante dellaCosa in cui si inscrive il godimento è il sintomo, ossia ciò che restaquando l’analisi finisce nel senso di Freud. È anche ciò che resta nellapasse di Lacan, ossia dopo l’epilogo del senso.La metafisica dell’azione dell’analista, la sua ontologia semantica,ha di mira come nucleo dell’essere il desiderio, ossia un senso. Questonucleo raggiunto dalla passe è essenzialmente designato dall’apparizionedi una mancanza-a-essere, che Lacan chiamava ‘castrazione’.Anche quando indicava che questo nucleo era suscettibile di una notazione positiva, piccolo a, essa acquisiva per lui la propriafunzione solo a partire dalla mancanza-a-essere, come otturatore della mancanza-a-essere. la passe vi è dunque ancora dominata dallafaccenda della mancanza-a-essere, ma tagliata dalla prospettiva del riconoscimento poiché con il desiderio concepito come una metonimia,il suo riconoscimento si trova svalutato.

Al posto del riconoscimento di un desiderio venuto all’essere, Lacan installava, con la passe, il riconoscimento della mancanza-a-essere,in modo particolare il riconoscimento della mancanza-a-essere del desiderio. È per questo motivo che notava una deflazione del desiderionella passe, dove si finisce per circoscrivere quel meno tra parentesi (-) e dargli valore di castrazione. Ugualmente vi si coglie ciò che ha permesso di effettuare la saldatura tra il significante e il significato, vale a dire l’oggetto piccolo a. Ciò che Lacan chiamava la passeresta quindi preso nella sua ontologia. solo nel suo ultimo insegnamento ci sarà una rinuncia a questa metafisica. Lacan oltrepasserà i limiti di questa ontologia nel momento incui dirà C’èdell’uno, che non è né dell’ordine della mancanza, nédell’essere. Egli cerca i suoi riferimenti ben al di qua di Cartesio edella metafisica moderna. Li cerca in Platone e nei neo-platonici. si astiene dal dire “l’Uno è”, come essi stessi fanno. Lacan dice c’è facendol’apocope dell’il. Questa giaculatoria designa una posizionedi esistenza e, se si vuole, una ripetizione della funzione della parola e del campo del linguaggio ridotti alla loro radice, al puro fatto del significante pensato fuori dagli effetti di significato e dal senso dell’essere. È un cambiamento enorme perché noi abbiamo imparato con Lacan a ricostituire la storia del soggetto a partire dalle avventure del senso del suo essere. non dico che ora, nella pratica, possiamo astenercene, ma dico che al di là c’è ancora un c’è. C’è il primato dell’Uno,mentre ciò che si crede di aver appreso da Lacan è il primato dell’Altro della parola. Il desiderio passa in secondo piano perché il desiderio è il desiderio dell’Altro. la verità della passe fornisce unachiave della deflazione del desiderio, vale a dire il desiderio è sempree solo stato il desiderio dell’Altro. È così che questo Altro, che non èmai stato supposto, si evacua con la consistenza del desiderio. si è arrivati a dover constatare che il soggetto, una volta che avevadisinvestito il suo desiderio, si trovava alle prese con C’èdell’uno.Questo C’èdell’uno come lo prendo qui, è precisamente il nome di ciò che Freud isolava come i resti sintomatici. Con il primato dell’Uno, è il godimento che viene in primo piano, quello del corpo che sichiama il corpo proprio e che è il corpo dell’Uno.Si tratta di un godimento primario nel senso in cui il fatto che sia interdetto è secondario. Lacan era anche arrivato sino a suggerire cheera la religione a proiettare sul godimento un interdetto che Freud aveva sancito. Arrivava fino a pensare che la filosofia era stata presa dal panico davanti a questo godimento, in mancanza di poter pensare1 p la sua permanenza, la sua esistenza ribelle alla dialettica. Secondo Lacan, spettava alla psicoanalisi cogliere questa sostanza godente. Lacan ha scritto una frase che mi spiego solo ora. si trova nella sua Postfazione al Seminario XI, a pagina 504 degli Altri scritti: “il godimentoarriva a causare quel che si legge come il mondo […].” Ciòvuol dire che il godimento è il segreto dell’ontologia, la causa ultimadell’ordine simbolico la cui filosofia ha fatto il mondo. C’è un’opposizionetra ontologia e godimento. l’ontologia fa il suo posto a ciòche vuole essere, e comporta ugualmente il possibile, mentre il godimento è del registro dell’esistente. È per questo che Lacan ha potutodire, nel suo ultimo insegnamento, Altri scritti pagina 565, che la psicoanalisicontraddice il fantasma della metafisica (può essere che siaio ad aggiungere questo), che consiste nel far “passare l’essere avantiall’avere”: per questo l’avere è prima di tutto avere un corpo.Possiamo dire che fino a quel momento il soggetto lacaniano non aveva un corpo? No, non possiamo dirlo. Ma aveva solo un corpo visibile, ridotto alla pregnanza della sua forma. Con la pulsione, la castrazione, l’oggetto piccolo a, il soggetto ritrovava un corpo? Sì maun corpo sublimato, trascendentalizzato dal significane. Va in modo completamente diverso a partire dalla giaculatoria C’èdell’uno, perché il corpo appare, da allora, come l’Altro del significante, in quanto il significante vi fa evento. L’evento di corpo che è il godimento appare come la vera causa della realtà psichica. Utilizzoquesta espressione domandandomi da quando abbiamo una realtàpsichica. non è sicuro che Pitagora, Platone, Plotino, riferimenti del C’èdell’uno di Lacan, ne abbiano una. Gli scolastici si interessavano all’Altro divino e solo a partire da Cartesio e dal suo cogito che lerealtà psichiche si sono messe a esistere.

Questo lascia in sospeso la definizione del desiderio dell’analista, Lacan lo invocava per far passare l’essere inconscio, ossia rimosso,allo stato compiuto. Il rimosso come ciò che vuol essere faceva appelloal desiderio dell’analista, per venire all’esistenza. la posizione dell’analista, quando si confronta con C’èdell’uno nell’oltrepasse, non è più marcata dal desiderio dell’analista, ma da un’altra funzione chedovremo elaborare in seguito.

11 maggio 2011
* Jacques-Alain Miller e Antonio Di Ciaccia, L’UNO-TUTTO-SOLO, Astolabio, Roma 2018